Cacca di Drago: Requiem per Robin
Qui al sud tutto va più lentamente.
Più lenti vanno i treni, che da Salerno sbragano e prendono ad avanzare a singhiozzo. Più lente le mosche, che quasi scocciate si allontanano quando le scacci. Più lente le notizie, che arrivano quando notizia non sono già più.
Così è con un poco di ritardo che apprendo della scomparsa di un personaggio che ha segnato la mia infanzia e gli anni della mia primissima maturità.
Normalmente non mi spingo a scriverne, quando si verificano eventi di questo tipo, per non alimentare l’infinito carosello di manifestazioni di momentaneo affetto di massa, soffocanti e chiassose come un nugolo di moscerini. Normalmente, dico, lascio che a piangere sia chi deve piangere, a dar conforto chi deve dare conforto, e non faccio di internet il pulpito da cui sbracciare il mio fugace cordoglio.
Perché stavolta dovrebbe essere diverso?
Credo che l’unica risposta possibile, plausibile, credibile, sia “perché sì”. Perché me lo sento, perché la perdita di uno dei più grandi talenti del secolo scorso e di questo è per me motivo di grande e sincera malinconia.
Perciò spero mi si perdonerà se rubo qualche minuto, se occupo un po’ di spazio per rendere omaggio a quello che ho ritenuto e continuo a ritenere il mio attore preferito. Un mix di talento, simpatia, personalità e dedizione che ha incontrato il mio immaginario di bambino e che ha saputo mantenere inalterato il suo fascino quando il mio senso critico s’è fatto più maturo.
Caro Robin Williams, per te ho osservato un minuto di silenzio.
In piedi su un tavolo.
“I sound my barbaric Yawp! over the rooftops of the world.”
(Walt Whitman)