La bomba che non c’è

Cronaca di un triste finale di finale di Champions in piazza San Carlo, Torino.

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Capita, tornando a casa a tarda sera, dopo aver cercato parcheggio per venti minuti e averlo miracolosamente trovato, di incappare in una fiumana di gente che corre nei pressi di casa tua, con addosso i colori di una delle squadre cittadine. Quella che è arrivata in finale di Champions, per l’esattezza.

Quando chiedi cosa sia successo, capita che ti rispondano in modo confuso cose come «arrivano» o «sparano» o ancora «non andare di là». Ma siccome tu “di là” ci abiti, cammini tranquillo controcorrente, svolti nella via di casa e fai per mettere la chiave nella toppa.

«Abiti là?» dice una voce «Ci fai entrare?»

Ed ecco che mentre una seconda ondata di umanità terrorizzata scuote le strade, tu ti ritrovi a far passare dallo stretto ma pesante e tutto sommato rassicurante portone di casa tua una bella trentina di persone.

Dentro, mentre altre bussano per entrare, con l’aiuto di alcuni vicini che sono scesi a dare soccorso cerchi di capire cosa sia successo.

Non uno che sappia.

E anche gli altri, quelli che arrivano dopo e premono per entrare facendosi quasi male a vicenda, nessuno sa nulla.

«E allora cosa spingi?» chiedi, indicando una ragazza lacrimante incastrata tra lo stipite e il destinatario della domanda.

Si riesce a portare acqua, bende, disinfettante e un po’ di calma:

«Hai visto qualcuno sparare?»
No.

«Hai visto qualcosa esplodere?»
No.

Si danno indicazioni per raggiungere la stazione o altri punti di interesse più o meno turistico senza passare per il carnaio, e poi si esce a cercare di capirci qualcosa.

E più ti avvicini alla piazza del maxischermo – Piazza San Carlo, il salotto di Torino – più lo scenario si fa surreale. Gente travolta, perlopiù scalza, gente sanguinante, gente impaurita, gente sovreccitata. Gente, ovunque.

Ambulanze, lampeggianti, un tizio di Bari che piange, un carabiniere al cellulare.

La folla terrorizzata ha calpestato se stessa, in un frullato di cocci di bottiglia, epitelio e indumenti perduti.

Ma niente. Nessuno sa cosa sia successo.

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E quando torni indietro, ti assicuri che anche i più scossi abbiano trovato la strada di casa o almeno un amico che l’aiuti a trovarla, e con un mucchio di giornali aiuti il tuo vicino a pulire le macchie di sangue che sono ovunque nell’androne e sulle scale, ti fai una domanda.

Siamo già arrivati a questo punto?

Il terrorismo ha funzionato, perché non ha più bisogno di fare nulla per incutere terrore.

E forza Juve.

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