Saudade
Paulo fumava e guardava fuori dalla finestra, sporgendosi un poco. Il mare sciabordava un centinaio di metri più in basso, lambiva di spuma i piedi della scogliera. Voli di gabbiano s’incrociavano nell’azzurro del cielo estivo, dove il vento aveva portato a pascolare uno sparuto gregge di nuvole. Paulo osservava il fumo della sua pipa alzarsi prima lento e poi venire catturato dalla brezza.
Avrebbe voluto essere come il vento, eternamente in movimento, in ogni luogo e nello stesso istante. Forse così quella sensazione sarebbe sparita. Quella che lo coglieva di sorpresa, che faceva sì che alla domanda “dove vorrei essere in questo momento?” si rispondesse sempre “altrove”.
Una barca di pescatori passò un poco al largo. Paulo richiuse la finestra.
Bellissimo. Ferdinando. Mi ha toccato. Profondamente. Ti prego fai uscire Paulo da questa condizione, fagli capire che non è altrove che troverà pace! In realtà lui è libero. Può decidere di partire e andare dove crede ma porterà con se la usa saudade finché non deciderà di guarirne, guardandosi dentro, sentendo la bellezza del presente, dirompente, piena di possibilità, di vite da vivere.
Come sempre hai colto il nocciolo della questione! Quando scrissi questo scorcio non sapevo se il messaggio sarebbe passato. In realtà avevo chiuso con tre finali diversi, per poi scegliere quest’ultimo, carico di possibilità.
In questo modo l’uscire dalla condizione dipende, in fin dei conti, da Paulo.
Mi fa sempre molto piacere accogliere i tuoi pensieri su quel che scrivo, grazie!
Ma grazie a te Ferdinando e perdona l’emotività da lettore che, purtroppo, proprio non contengo. Pensavi di sviluppare questo racconto?
tutti i miei scritti restano a maggese fino a che non tornano utili. Per questo non scrivo mai la parola “fine” sotto di essi 🙂