Un giorno a caso, ed all’improvviso finisco alle porte del Paradiso
Un giorno a caso, ed all’improvviso
finisco alle porte del Paradiso.
Fuori c’è un tipo che fa selezione
pare un provino da televisione:
Tu cos’hai fatto? Tu cosa sai fare?
Tu aspetta un attimo; tu puoi entrare.
La chioma folta, le chiavi nel pugno
lo riconosco: è Toto Cutugno.
Così m’appresso, lui alza lo sguardo
e mi rivolge un sorriso beffardo:
dove ti credi di andare, furbone?
Prima di te ce n’è almeno un milione.
No c’è un equivoco, provo a spiegare,
non è che volessi provare a passare.
Io mi pensavo che quando si muore
uno scavando in profondo nel cuore
capisce dov’è che in vita ha sbagliato
chiede perdono ed è perdonato.
Pensavi male, mi dice Cutugno
sbattendomi forte la lista sul grugno
c’è selezione, e pure severa:
sette miliardi i bocciati stasera.
Ora fai il bravo, che ci ho da fare
aspetta il tuo turno e non mi scocciare.
Ecco a quel punto s’avvicina un tale
coi piedi scalzi e la faccia cordiale
in testa c’ha una corona spinata,
tende una mano che scopro bucata.
Io glie la stringo, non oso dir niente
lui mi sorride e mi dice, paziente:
Lascia perdere, con tutto il rispetto,
io son duemila anni che aspetto.
[Grazie a Francesco Deiana per le dritte sulla “pulizia” del testo ]