Post elettorale post-operatorio, ovvero le scuse di un giovane elettore.

Oggi e domani, in Italia, si deciderà a quale chirurgo mettere in mano il bisturi.

Da parte mia, se dovessi essere operato, la principale preoccupazione sarebbe che il medico sappia fare il suo mestiere. Poco importa che mi prometta il televisore al plasma e la camera singola in clinica, l’infermiera-massaggiatrice tailandese e i clisteri al sapore di pesca.
Solo m’importa che quando sarò sdraiato sul lettino, nudo e incosciente, sappia cosa tagliare e cosa no, cosa mi serve per vivere e cosa possa essere reciso per arrivare al problema.

In Italia c’è gran varietà di cliniche, ognuna ovviamente si vanta di avere il miglior servizio e il primario più capace. Il problema è che tra questi primari abbiamo tanti dottori e pochi medici: c’è quello che prima faceva le case e ha studiato medicina solo perché attratto dai soldi, c’è quello che ha comprato la laurea, c’è quello che la laurea manco ce l’ha, c’è quello che era stufo di farsi operare dagli altri e pensando di essere migliore di loro ha imparato il mestiere tagliuzzando carogne, c’è quello emofiliaco, c’è quello che fa operare il nipotino e poi se ne prende il merito, c’è quello che soffre di perdite di memoria a breve termine e ogni tanto ti lascia dentro le pinze.
E poi ci sono i medici veri, quelli che hanno studiato, che fanno quello che fanno per passione e per convinzione. Quelli che fanno meno casino e dunque si notano di meno, ma ci sono, devono esserci.

E poi dall’altro lato c’è il popolo dei pazienti.
Ci sono i pazienti-impazienti, quelli che si lamentano che niente funziona ma poi non sono capaci di rispettare una coda, quelli che fumano in sala parto, quelli che conoscono il primario e per questo si guardano bene dal farsi operare da lui. Quelli che parcheggiano nella corsia del pronto soccorso per l’urgenza di un’unghia incarnita, quelli che rinunciano a farsi operare perché dicono che tanto è tutta la stessa merda, quelli che premono sul consiglio di amministrazione dell’ospedale perché sono stufi di vedere dottori a dirigere la baracca: da domani ci vogliono un bell’elettrauto, o un docente di economia, che almeno sono onesti. Poco importa se non sanno distinguere le ossa dai tendini.
Ci sono in fine quelli che soffrono dignitosamente, che scelgono il medico dopo essersi informati con tutti i mezzi possibili, consapevoli che quel medico sarà lo stesso che dovrà curare i propri figli, e sperano che la loro scelta sia stata la migliore possibile.

Questo è il panorama, più o meno. Spero mi si perdoni la metafora, che a me le metafore piacciono un sacco. Ovviamente, ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale. Ma andiamo al dunque.

Sono rimasto molto colpito, recentemente, da un pezzo del monologo che Claudio Bisio ha portato sul palco durante il Festival di Sanremo.

“Finché ci sono loro in questo paese non cambierà mai, dicono una cosa e ne fanno un’altra, non mantengono le promesse, sono incompetenti, bugiardi, inaffidabili, mandiamoli tutti a casa. […]
Non parlavo degli eletti, ma degli elettori, stavo parlando di noi, degli italiani, perché siamo noi i mandanti, noi che li abbiamo votati. Se li guardate bene è impressionante come ci assomigliano, sono come noi italiani, precisi sputati.”

Mi ha colpito perché è vero, io per primo non sono un paziente modello: stamattina, mentre guardavo scorrere sul rullo dei social network i commenti più o meno pieni di speranza, più o meno farciti di rassegnazione dei miei amici e conoscenti reduci dalle urne, mi è sfuggito un sospiro.
Di sollievo.

Sono uno dei tanti studenti Erasmus per i quali il governo non ha previsto la possibilità di votare senza un dispendio assurdo di energie e denaro.
Questo, se da un lato ha scavalcato un mio sacrosanto diritto, dall’altro mi ha sollevato da una responsabilità enorme, ha fornito una giustificazione perfetta alla mia coscienza che non sapeva più dove sbattere la testa. Già: ancora adesso, dopo tanto parlare, non saprei a quale chirurgo affidarmi con serenità, con la convinzione di fare una cosa giusta. Certo, magari un’idea su chi sia macellaio piuttosto che chirurgo ce l’ho, ma nulla più: avrei votato a metà, non perché mi fidi dell’uno quanto perché so di non potermi fidare dell’altro.

E così oggi ho provato vergogna, perché se ancora una volta andrà male sarà stato anche per colpa mia, per la mia disinformazione, per la mia pigrizia, per il mio essere pieno di dubbi e scarso di soluzioni.
Chiunque vinca questo carnevale e venga incoronato Re della Repubblica delle barzellette, chiunque riceva da Sua Sofferenza il Popolo Ignorante -a cui riconosco la mia appartenenza- il bisturi e lo scettro, se non sarà all’altezza del suo compito, è anche colpa mia, che non sono stato all’altezza del mio.

2 Comments on “Post elettorale post-operatorio, ovvero le scuse di un giovane elettore.”

  1. Condivido in pieno il tuo post, queste elezioni sono un pasticcio immenso e non voglio pensare al risultato che ne uscirà. Ho 30 anni, e ua discreta cultura, difficoltà in campo lavorativo come è di routine per la mia disgraziata generazione. Chi votare? La nausea è quantomeno d’obbligo…

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