Un giorno qualunque

Nico si svegliò al canto del gallo.
Si lavò, indossò i pantaloni da lavoro e il maglione e uscì nell’aia, dove la nebbia mattutina ancora aleggiava in silenzio, nell’attesa di dissolversi al sole. Aprì la stia e lasciò che le galline uscissero, facendo rimbombare le mura della vecchia cascina col loro gaio chiocciare. Sparse il mangime a piene mani, i chicchi lucenti che balenavano ai primi raggi del giorno, cadendo a terra senza fare rumore.
Poi fu la volta dei maiali, che adesso strillavano eccitati, reclamando la loro parte. S’avventarono come falchi obesi sulla sbobba che Nico versò nella mangiatoia, grugnendo in tono cupo, come a dire: era ora. L’asino, la vacca e la capra, nella stalla, lo salutarono con un cenno pigro del capo. Servì anche loro.
Spazzò il pergolato, riordinò la legna, sradicò sterpaglie e attinse acqua dal pozzo.
Poi entrò in casa, prese il fucile
e sparò a sua moglie.

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