Le aquile non volano a stormi

“In silenzio soffro i danni del tempo
le aquile non volano a stormi
vivo è il rimpianto della via smarrita
nell’incerto cammino del ritorno”

F. Battiato, Le aquile non volano a stormi.

***

Quando morì per le ferite subite, poco dopo la battaglia, al Guerriero venne incontro il Grande Spirito, sotto forma di una nube scintillante di colori.
– Poiché sei stato valoroso – disse lo Spirito – ti concederò di tornare al Mondo nella forma che tu vorrai. Scegli.
Il guerriero toccò la piuma che gli adornava il capo.
– Ho sempre sognato di poter volare – rispose.
– Molto bene.
Poi la nube si dissolse e venne il buio, che spense i suoi sensi.
Quando aprì gli occhi i raggi del sole illuminavano i rami di un albero. Appollaiato tra altri cento, stava lui nel suo nuovo corpo di passero.
Impaziente si lanciò in basso, planando un poco per poi riprendere quota a fatica. La sensazione gli parve subito incredibile ma ben presto fu costretto a ricredersi: sostenersi nell’aria gli costava sforzi immensi e dopo ogni volo sembrava che il piccolo cuore gli dovesse scoppiare nel petto. Per di più le altezze maggiori gli erano precluse e lui doveva dividere il suo basso cielo con altri mille passeri.
La notte, stremato dopo una simile giornata, il guerriero s’addormento subito. Tornò il Grande Spirito, sotto forma di vento.
– Dunque, come ti sembra la vita del popolo del cielo, Guerriero – domandò.
– È tremenda – rispose il passero – queste piccole ali reggono appena il mio peso, volo per nutrirmi e mi nutro per volare. Non è ciò che speravo. Puoi darmi una forma nuova, Grande Spirito?
– E sia.
Poi il vento cessò e venne il silenzio.
A svegliare il Guerriero fu un coro stridente e sgraziato. Cento corvi, funerei nelle loro piume nere, s’accalcavano e s’azzuffavano sui rami schiamazzando.
Sgomitavano e si beccavano, contendendosi lo spazio, finché uno non s’alzò in volo e così fecero gli altri.
Anche il Guerriero, che era tra essi, si lanciò dal ramo e subito le ali color cenere incontrarono la corrente giusta, una brezza tiepida che rendeva meno penoso lo sforzo di sostenersi nell’aria.
Ma ecco altri dieci uccellacci incrociarsi, urtandosi e urtandolo per godere anche essi del flebile refolo d’aria. Quand’era tra gli uomini nessuno mai avrebbe osato intralciare il suo cammino, in ossequio al suo rango: ora doveva lottare per un soffio di vento. Ma poiché la forza è nello spirito prima che nel corpo, il Guerriero era potente anche come corvo. Artigliò e beccò, uno lo uccise facendolo precipitare, e così per tutto il giorno fino ad appollaiarsi di nuovo, esausto.
Tornò il Grande Spirito, per la terza volta, sotto forma di tuono.
– Come ti sembra la vita del corvo?
Il Guerriero non rispose subito, assorto in riflessione, poiché la vittoria gli era costata molto. L’occhio destro era stato beccato a sangue, molte piume gli erano state strappate, una zampa pendeva inerte.
– Non è la vita che sognavo, Grande Spirito. Il rispetto per me tra gli uomini era immenso, qui tra i corvi sono uno su un milione. Viviamo ammassati, attendendo che qualcuno termini il suo pasto per poter cominciare il nostro, ci azzuffiamo per nulla e moriamo allo stesso modo.
– Cosa vuoi che faccia, dunque? Scegli, ma che sia l’ultima volta.
– Che tu mi uccida, o mi renda il più forte.
Ci fu uno scoppio nel cielo, una luce che fece giorno, poi tornò il buio.

Il Guerriero si librava altissimo, osservando le ali immense che il Grande Spirito gli aveva donato.
Le lunghe penne carezzavano i raggi del sole, ciascuna sensibile a una brezza diversa. Con gli occhi color miele poteva scorgere ogni dettaglio sotto di lui: le zuffe insensate dei corvi, le futili fatiche dei passeri, la corsa a senso unico della lepre che l’avrebbe portata dritta nella bocca della volpe. Si cullava nell’aria pensando che era finalmente lontano da tutto ciò.
Il suo volo era adesso pura grazia, piacere sconfinato e perfetto.
Ma quando si spinse più in alto, dove anche la cima dell’ultima montagna rinunciava al suo intento di giungere al cielo e dove non c’era rumore all’infuori del vento sotto le ali, gli invase il petto un senso di disfatta profonda.
Nel silenzio assoluto dei vincitori e dei sopravvissuti, s’accorse alla fine
di essere solo.

aquila

Esercizi “a penna libera”.
Ferdinando de blasio

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