Il Mastino e il Chihuahua

Antonio Scognamillo, 75 anni, operaio metalmeccanico in pensione, era arrivato a Milano negli anni 60. Abitava in una villetta gialla, persa in mezzo ad altre cento villette gialle. Gennaro, il suo mastino napoletano, passava i suoi giorni sdraiato sul prato antistante la casa, legato ad una catena. Quest’ ultima era in realtà perfettamente inutile, dato che il molosso si alzava solo per bere e mangiare. Quando passava una bicicletta o un’auto un po’ più rumorosa del solito, alzava il testone e abbaiava una volta, emettendo una specie di sbuffo a mezza bocca. Buo’ sembrava dire.

Ogni giorno passava davanti al giardino il Chicco, il chihuahua della moglie del commendator Colombo, che andava in giro da solo perché secondo la proprietaria era un cane molto intelligente. Aveva una vocetta stridula e fastidiosa, come quei giochini che suonano quando li pesti. Proprio come la sua padrona. Si piazzava là dove la catena finiva e prendeva a infastidire il mastino per un quarto d’ora. Quello si limitava ad alzare la testa e dire: buo’. Una mattina Antonio, che era ormai vecchio, fatto uscire Gennaro in giardino si scordò di legarlo alla catena. Il mastino rimase al suo posto tutto il giorno, fin quando il Chicco non fece la sua comparsa svoltando dal viale. Si piazzò al solito posto e prese a stuzzicare Gennaro. Quello si alzò e avanzò ciondolando fin sotto al naso del Chicco. Terrorizzato, vedendo il molosso che avanzava senza catena, il chihuahua tremava come una foglia senza riuscire a muovere un muscolo. Gennaro lo guardò dall’alto, aprì la bocca in uno sbadiglio gigantesco e poi disse: buo’.
Il Chicco, che già si immaginava parzialmente digerito, fuggì veloce come un sorcio.

– Cos’è stato? – domandò la signora Colombo al marito.
– Non so – rispose il commendatore, senza fermare il SUV – sembrava uno di quei giochini rumorosi del Chicco.

Scommetto che c’è la morale, ma sono troppo pigro per trovarla adesso.
Buo’.

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