Ham̐sa ṭrī
Un amico, appassionato di piante e scrittura, mi ha chiesto se avevo voglia di scrivere un racconto a tema sul rapporto uomo-natura. Questo è quello che è venuto fuori. Ringrazio Paolo – il Filosofo Vegetale – per la fiducia!
(Nota: Eventuali errori di traduzione di nomi dall’Hindi erano temo inevitabili)
Mahāna Balūta-kā-phala, uomo la cui saggezza sprofondava le proprie radici direttamente nell’anima del mondo, all’età di novant’anni brandì il bastone e cinto solo di un panno di lino s’avviò magro e sereno verso il fitto delle Sundarbans, la grande foresta di mangrovie.
Camminò a lungo tra gli specchi d’acqua e le lingue di terra che emergevano qua e là tra di essi, mentre la foresta d’intorno si muoveva di un millesimo di millimetro alla volta in un impeto lentissimo e inarrestabile che durava da millenni. Sopra la sua testa famiglie di scimmie sfidavano il vuoto lanciandosi da un ramo all’altro, disperdendo al passaggio stormi assonnati di zufolatori. Il brontolio di una tigre, come infinitamente lontano e vicino insieme, risuonò nel verde cupo, poi tutto tacque.
Sotto il respiro salmastro delle mangrovie secolari, le stesse che avevano forse visto Gautama Buddha immergersi nel Gange, camminava ora Mahāna Balūta-kā-phala, la barba bianca come uno sbuffo di vapore.
Trovò il punto che cercava ma che non aveva mai visto: una roccia alta, sulla quale la linea scura e umida del muschio indicava il limite massimo dell’ultima marea. Mahāna Balūta-kā-phala vi si arrampicò, in cima c’era una conca piena di foglie e terriccio. Vi prese posto, nella posizione del loto, e meditò per tre giorni e tre notti.
Il mattino del quarto giorno, una gazza si posò su uno dei rami che pendevano dal tetto arboreo proprio sopra il suo capo e dal becco lasciò cadere una ghianda rotonda che gli picchiò sulla fronte. Mahāna Balūta-kā-phala si destò, guardò la gazza sopra il suo capo e poi la ghianda, che ora giaceva nel suo grembo.
La prese e la dispose nel cavo della mano sinistra, dove aveva raccolto un po’ di terriccio, poi sorridendo riprese a meditare.
Oggi, nel centro delle Sundarbans, su una roccia alta e coperta di muschio, tra le mangrovie cresce una quercia secolare.
I locali la chiamano Ham̐sa ṭrī, l’albero che ride.
Poesia!
Delicatamente bella. 🙂
Speravo di trasmettere un po’ di delicatezza e di bellezza 🙂
Se mi ci sono anche solo avvicinato, sono felice.
Grazie per aver letto!
Più che avvicinato. Ho faticato a trovare le parole per descrivere le sensazioni provate mentre la leggevo, quasi temendo di far rumore e sentirle svanire.